Da 35 anni mi chiedo: cosa ci faccio qui? Era l’anniversario dei Patti Lateranensi dell’11 febbraio 1973. Una “500” male in arnese, un megafono, alcuni giovani sferzati da un freddo vento di bora scura. Succedeva nella Trieste laica e ancora cosmopolita dell’epoca. Mi fermai, e m’iscrissi al Partito Radicale. Qualche mese prima avevo letto su Panorama un breve articolo sulle battaglie per i diritti civili dei radicali e il loro carattere libertario e nonviolento. Riconoscersi e identificarsi, fu tutt’uno. Alcuni mesi dopo partecipai alla Marcia Antimilitarista Trieste-Aviano. Conobbi Marco Pannella, Roberto Cicciomessere, Jean-Yves Radenac, Mirella Parachini, Liliana Ingargiola e Francesca Capuzzo. Poi, l’obiezione di coscienza. L’anno dopo, in prigione, per la prima volta. Non avevo ancora diciotto anni. Iniziò così un percorso politico e personale con molte domande e pochi rimpianti. Prima a Trieste, la città più radicale d’Italia, contro le industrie sul Carso, le elezioni, il consiglio comunale. Poi i diritti umani, il congresso in Jugoslavia, il congresso realizzato nella Budapest della primavera dell’89: il milione di persone a celebrare Imre Nagy e gli altri morti della rivolta del 1956. Lì dove iniziò il processo che in alcuni mesi portò al crollo del muro di Berlino…Un lungo viaggio attraverso l’Europa dell’Est, la ex Jugoslavia, l’ex Unione Sovietica. A costruire il Partito Radicale Transnazionale da Roma a Vladivostock, la vita a Mosca e la morte di Andrea Tamburi, il Caucaso dalle mille avventure e dai rischi mortali. Dal 1993 a New York, prima il Tribunale Internazionale sulla ex Jugoslavia e il Randa, poi per la promozione del Tribunale Penale Internazionale. Attraverso la fondazione di “Non c’è pace senza giustizia” a Roma e “No Peace Whitout Justice” a Washington; nel 1995 la lobby per lo status ONG all’ONU per il Partito Radicale. Subito dopo a Ginevra, Vienna e New York, a dare voce agli oppressi, alle vittime delle peggiori violazioni dei diritti umani in tutto il mondo: dai tibetani agli uyuguri, dai ceceni ai montagnards. Nel giugno del 1998 un grande successo: la creazion del Tribunale Penale Internazionale. L’onore, il privilegio di parlare a nome del Partito Radicale alla Conferenza Diplomatica dell’ONU. Più recentemente, dal 2003, all’Aja, come segretario generale dell’UNPO, l’organizzazione delle nazioni e dei popoli non riconosciuti. Una lista senza fine di drammi, massacri e sofferenze, individuali e di interi popoli. Ancora in giro: dalla Nigeria a Taiwan, dalla Lapponia al Sud Africa, da Dharamsala al Somaliland… Da trentacinque anni, chiedendomi ogni giorno: ma che ci faccio, qui? Trovando ogni giorno una risposta personale e una conferma politica. Quella della necessità del Partito Radicale Nonviolento. Come o per come ora, poco importa.
Roberto Cicciomessere appartiene a quella generazione di radicali che si stringono attorno a Marco Pannella negli anni Sessanta del secolo scorso; caparbi tengono in vita un partito che per i suoi fondatori (Mario Pannunzio, Nicolò Carandini, Ernesto Rossi, ecc.) non ha più ragione di vivere. Pannella e una pattuglia di sodali (Angiolo Bandinelli, Marcello Baraghini, Ferdinando Landi, Mauro Mellini, Silvio Pergameno, Giuseppe Ramadori, Aloisio e Giuliano Rendi, Lorenzo Strik-Lievers, Gianfranco e Giorgio Spadaccia, Massimo Teodori, Andrea Torelli, per citarne di alcuni), decidono di giocare la scommessa di un partito libertario che non prevede espulsioni, convoca congressi annuali a data fissa, sceglie obiettivi da perseguire con chiunque in quel momento condivide quel tratto di strada, consente l’iscrizione di tutti e a nessuno possa essere rifiutata, unica condizione il pagamento della “quota” annuale. Cicciomessere fa parte a pieno titolo di quel nucleo (meno di duecento in tutta Italia) di concreti sognatori, di pragmatici utopisti.
Un giorno ci si dovrà decidere a riconoscere (e valorizzare) il fatto che gli ultimi decenni del secolo scorso non sono stati solo quelli dei cosiddetti “anni di piombo”, del sangue versato a destra e a sinistra; sono stati anche gli anni di importanti, fondamentali conquiste civili e sociali; anni riformatori: divorzio, non punibilità dell’aborto, riforma sanitaria, abolizione di norme fasciste presenti nel codice penale, reati statuto lavoratori, anticoncezionali, affermazione di coscienza, nuovo diritto di famiglia, abolizione dell’infame regolamento manicomiale…: diritti per tutti, contro nessuno, conquistati a prezzo di denunce, processi, carcere, manifestazioni. Cicciomessere è parte di questo Pantheon, il paese, noi tutti, gli si deve più di qualcosa. Dirigente radicale, per conquistare la legge sull’obiezione di coscienza patisce lunghe settimane di detenzione in un umida cella del carcere militare di Peschiera; su Prova Radicale c’è un suo bellissimo diario di quei giorni. Ma un po’ tutte le battaglie politiche di quegli anni lo vedono militante-protagonista senza tuttavia vocazione di esibizione. Deputato per due legislature, epici i suoi “duelli” con la presidente Nilde Iotti conditi con qualche episodio alla Giancarlo Pajetta anni ’50… In Parlamento lascia la sua impronta: più di un suo intervento merita di essere letto e meditato, così gli atti parlamentari prodotti, ancor oggi, ad anni di distanza, attuali.
Molti lo ricorderanno per il suo carattere ispido, ruvido, brusco, non esattamente “piacione”. Ognuno è come è; a Roberto va riconosciuto “carattere” e il pregio di non essere stato mai ipocrita: poteva piacere o no, ma quel che pensava diceva, schietto, brutale, senza fine doppio. Sincero.
Un episodio forse descrive meglio di altri il suo carattere più vero. Ha avuto un ruolo fondamentale nella costituzione di quel gioiello informativo che è Radio Radicale; poi elabora e letteralmente costruisce “Agorà Telematica”: uno dei primi internet service provider in Italia, precursore dell’utilizzo della telematica applicate alla politica. Il Sistema all’epoca è qualcosa di rivoluzionario, dalla sua successive vendita si ricavano svariate decine di miliardi di lire. Cicciomessere potrebbe “sistemarsi”. Discretamente, senza chiedere nulla in cambio, devolve il tutto alle esangui casse del Partito Radicale. Malato da tempo, chiede infine di essere sedato. Nel giro di qualche ora, nella sua abitazione, nella tranquillità di quel sonno senza risveglio, ci lascia in punta di piedi.